cloud vs datacenterSin dall'inizio è stato usato un aggettivo per definire questa tecnologia e alla sua introduzione nelle nostre vite: inevitabile!

Avendole vissute in prima persona le conversazioni le ricordo chiaramente, “finiremo tutti sul cloud”, “tempo che i workload saranno convertiti e tutto sarà lì”, “ci sono troppi vantaggi è troppo comodo”.

Partendo dal principio che “il cloud è solo il computer di qualcun altro” devo ammettere che sono sempre stato diffidente. L’esperienza mi ha sempre suggerito di evitare prese di posizione nette, soprattutto in ambito informatico dove, la storia lo ha dimostrato, c’è sempre stata una dose di imprevedibilità sugli eventi….

Le affermazioni riportate in apertura le abbiamo vissute tutti (quelli del settore per lo meno), con l’avvento di AWS (Amazon Web Service) intorno alla fine del 2010. Un’era geologica fa, almeno in termini informatici, ed oggi, anno domini 2022 possiamo provare a fare alcuni conti, basandoci su quello che si prospettava al tempo.

Siamo finiti tutti sul cloud?

In verità no. Certo, è corretto dire che sono pochissimi i clienti a non avere proprio nulla sul cloud, ma il fulcro dei propri servizi, almeno per quella che è la situazione italiana oggi e per quello che è possibile desumere dalle esperienze dirette verso i clienti non è sul cloud e nemmeno il proprio centro di business fa affidamento su questo. O quantomeno, i datacenter di proprietà o le situazioni in housing sono ben lungi dallo sparire.

I workload sono stati convertiti tutti per il cloud?

Questa è la domanda che rende chiaro lo stato delle cose. No, la maggioranza dei workload che dovrebbero essere cloud-native in realtà non lo sono.
È il 2022, ma il principio client/server è ancora ampiamente parte della quotidianità di ciascuno di noi e, se non fosse questo, per buona parte dei problemi di performance la soluzione è ancora quella di scalare verticalmente, aumentare cioè le risorse, invece che scalare orizzontalmente, ossia avere più istanze della propria applicazione attivabili all’occorrenza, il che, tutto è, tranne che cloud-native.

Il cloud è davvero meglio?

Qui arriviamo al centro di questo articolo che è l’esperienza diretta di alcuni utenti che, concentrati solamente nell’ultimo periodo, hanno raccontato di contro esodi dal cloud verso ambienti gestiti in autonomia.
Le ragioni sono interessanti e tutte fanno sostanzialmente capo ai costi, dovuti in questo caso ad un uso totalmente irregolare (per il tipo di business) del cloud.

Curiosamente quello a detta di molti è il principio che dovrebbe portare sul cloud ed invece lo si evince chiaramente: “ce ne andiamo perché spendiamo troppo.”

La verità, come sempre, è nel mezzo, è sempre una questione di obiettivi e di costi, ed in casi specifici non è sempre più conveniente rimanere sulla nuvola.

Va infine ricordato sempre, a costo di essere banali, come cloud e cloud-native siano due cose diverse:
le applicazioni cloud-native, moderne e predisposte a scalare orizzontalmente, non hanno come requisito di funzionare sul cloud, ma semplicemente su sistemi che ne favoriscano l’esecuzione, siano il vostro server o “il computer di qualcun altro”.

E voi che idea vi siete fatti? C’è davvero un’inversione di tendenza in atto oppure è solo un’impressione mia?
La bolla cloud sta iniziando a sgonfiarsi oppure banalmente si continuerà a far coesistere gli ambiti che dovranno essere scelti di volta in volta in base alle proprie esigenze?

Parliamone....